mercoledì 18 luglio 2012

Coccodrillo per una poltrona

Oggi ho salutato Ginetta, dopo 35 anni di vita insieme. 

La mia biondissima poltrona, destinata inesorabilmente all'ingrato cimitero delle cose, è stata recuperata in extremis da un robivecchi nordafricano. Strana sorte degli oggetti, che possono sempre avvalersi della possibilità di una seconda, terza vita.
Una bionda di poca classe, sorridente e grassottella, un tempo credevo avesse il muso di un orsetto o un cagnolino: forse sin da quando mi accolse che ero ancora in fasce, fra i suoi braccioli, i suoi velluti e la soffice gommapiuma.
Sempre di fronte alla finestra catodica e di fianco ad una finestra reale, per un tempo indefinito come tutti i tempi - non uno, ma tanti - della memoria, fino a ieri sera, nella sua prima posa fotografica dopo 34 anni (l'ultima volta compariva giovane e forzuta accanto ad un me stesso semisvestito, sorridente ed assai più carino e capelluto).
Ed ancora oggi, malandata e vecchierella, Ginetta ha in effetti il muso di un orsetto o di un cagnolino: con un beffardo sorriso sghembo.

Con lei mi sono seduto ed ho atteso con fiducia la vittoria di Mazinga Z e la guarigione di Klara; ho sognato di vivere in un mulino bianco, di guidare una strepitosa automobile parlante; ho aspettato l'estate per poter ascoltare la canzone del cuore di panna, ed il Natale per quella della CocaCola; ho fatto tardi per canticchiare Cacao Meravigliao; ho duettato per finta con Elton John allo stadio di Wembley per ricordare Freddie Mercury e fatto a pezzi almeno 4 mattoni del grande muro di Roger Waters a Berlino.
Sempre lì, sul cuscino del mio modesto trono, per anni mi sono ritirato a suonare, pensare, leggere, scrivere, guardare la tv, farniente.
Al suo posto, ora occupato da un più moderno divano scuro, porrei un'epigrafe:  

Qui visse la bionda poltrona Ginetta,
qui l'ozio ottenne il suo più alto e degno riconoscimento di sublime vizio.